Il mondo del lavoro sta vivendo una rapida trasformazione, influenzata non solo dall’adozione delle nuove tecnologie, con il ruolo sempre più preponderante dell’intelligenza artificiale, ma anche dalla visione dei lavoratori della Gen Z sulle aziende ideali in cui decidono di andare a lavorare. Una rivoluzione copernicana che emerge in tutto il suo vigore nella ricerca Stranger Skills”, condotta da PHD Italia, l’agenzia media, di comunicazione e marketing appartenente a Omnicom Media Group, che ha esplorato le preferenze dei nuovi professionisti nel settore del marketing e della comunicazione. Una delle variabili più rilevanti emerse dall’indagine riguarda le politiche di inclusività aziendale.
Secondo la ricerca, infatti, il 60,8% dei nuovi lavoratori intervistati (percentuale che sale al 66% tra le donne) considera l’impegno aziendale per l’equità, la diversità e l’inclusione come il primo requisito per il lavoro ideale. Sorprendentemente, la salute mentale e fisica supera il salario come priorità nella scelta della carriera, mentre il 64,6% valuta l’etica aziendale come un fattore chiave nella valutazione delle potenziali aziende in cui lavorare.
Tuttavia, il problema del gender gap persiste all’interno delle organizzazioni aziendali. Secondo il Global Gender Gap Report 2023, infatti, solo il 12,4% delle posizioni di leadership sono occupate da donne. In Italia, il Paese è scivolato al 79° posto nella classifica del World Economic Forum sull’equità di genere, con uomini che occupano l’84% delle posizioni dirigenziali. Un sondaggio condotto da SheTech e Idem ha rivelato che il 69% delle donne lavoratrici nel settore tecnologico (freelance, dipendenti e imprenditrici) crede di affrontare maggiori difficoltà nella scalata professionale rispetto agli uomini. Inoltre, l’84% delle intervistate ritiene che gli uomini abbiano maggiori possibilità di essere promossi.
Una cultura aziendale che promuove l’inclusione e celebra la diversità non rappresenta soltanto un impegno sociale, ma costituisce un driver di vantaggi multipli. Questo approccio migliora la reputazione aziendale e rafforza le relazioni con clienti e consumatori, incrementa la capacità di attrarre e trattenere talenti, generando un impatto positivo sull’innovazione, sulla competitività e, in ultima analisi, sulla sostenibilità sul mercato e sui risultati finanziari.
Lorenzo Moltrasio, Managing Director di PHD Italia, ha commentato: “Oltre al salario, i dipendenti desiderano sempre più un “reddito psicologico”, un lavoro che soddisfi non solo le esigenze finanziarie ma coinvolga anche l’intera persona, fornendo soddisfazione sociale e personale. Le nuove generazioni scelgono le aziende con maggiore consapevolezza, costringendo le imprese a riconsiderare la loro organizzazione interna. La ricerca mette in luce la crescente richiesta di attenzione alla salute mentale e fisica, la necessità di politiche flessibili sul lavoro, leadership in grado di valorizzare i talenti e processi decisionali etici. Inoltre, l’inclusività deve essere promossa a tutti i livelli aziendali, aiutando ogni dipendente a sviluppare il proprio potenziale.”
Un ruolo cruciale in questo contesto sarà svolto dal DE&I Manager (Diversity, Equity & Inclusion Manager), una delle 12 figure professionali identificate nella ricerca. Questo professionista ha il compito di promuovere la diversità e l’inclusione in qualsiasi organizzazione. È responsabile dello sviluppo e dell’attuazione di programmi e politiche che promuovono l’uguaglianza e l’equità per tutti i dipendenti, indipendentemente dalla loro cultura, etnia, genere, orientamento sessuale, religione o abilità.
La ricerca ha infatti rilevato un forte interesse nei confronti del ruolo di DE&I Manager, con il 34% dei partecipanti alla ricerca, delle aziende e dei responsabili delle risorse umane che hanno manifestato interesse per questa figura, sempre più strategica nei contesti aziendali. Questi dati evidenziano l’importanza crescente di questa professione non solo per i lavoratori in cerca di opportunità, ma anche per le aziende, che comprendono sempre di più l’importanza di una cultura aziendale inclusiva per attirare e trattenere talenti, migliorare la produttività e stimolare l’innovazione.
Oggi, gli studi condotti nel mondo degli affari ci rivelano l’importante impatto della Diversità e Inclusione sulle performance economiche delle aziende. Nel 2018, uno studio pubblicato nel report “How Diverse Leadership Boosts Innovation” del Boston Consulting Group (BCG) ha calcolato un notevole aumento degli utili operativi (EBIT) pari al +9%. Inoltre, in Italia, l’istituzione volontaria della recente certificazione di parità ha introdotto un meccanismo che attribuisce alle aziende certificate punti premiali nelle gare d’appalto, sia pubbliche che private. Questo sistema sostiene le opportunità di business per le imprese che scelgono di ottenere tale certificazione, dimostrando così un impegno concreto nella promozione della Diversità e Inclusione (D&I) e nella ricerca di successo nel mercato.
“Stiamo assistendo a un cambiamento che richiede un equilibrio maggiore all’interno delle aziende. Queste devono impegnarsi a selezionare in modo più equo, ma non basta. Devono creare modelli organizzativi e programmi di benessere in grado di integrare e trattenere i nuovi talenti, garantendo opportunità di crescita e retribuzioni adeguate. È necessario lavorare sulla formazione, sul superamento delle differenze di fiducia e sull’equilibrio tra lavoro e vita personale. Per garantire il ‘reddito psicologico’, dobbiamo promuovere un ambiente che favorisca l’inclusione e che abbia manager che apprezzino il valore della diversità”, conclude Moltrasio.
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