Si potrebbe immaginare che mettersi alla ricerca di un nuovo dirigente per la propria azienda sia un processo piuttosto semplice, o come minimo scevro dagli ostacoli che tendenzialmente rallentano le selezioni di personale di livello inferiore. Non è esattamente così, e a confermarlo anche gli head hunter più rinomati del settore.

Parlando con chi si occupa quotidianamente di far incontrare le esigenze delle aziende con le competenze – e con gli obiettivi – delle figure senior, si scopre infatti che spesso anche loro, i candidati a delle posizioni dirigenziali, offrono delle presentazioni mediocri ai recruiter, con CV scritti male, con profili LinkedIn poco o per nulla curati, candidature che non rispettano i requisiti presenti nell’annuncio e via dicendo. E il risultato, ovviamente, non è positivo.

Ma quali sono gli errori più banali commessi dai dirigenti in cerca di lavoro?

La società di head hunting Adami & Associati, che tra le altre cose possono vantare anche una business unit dedicata allo sviluppo di carriera per dirigenti, ne ha individuati complessivamente 6 che possono fare grandi danni e che, allo stesso tempo, possono essere eliminati dai candidati con uno sforzo minimo.

Il dirigente che non legge attentamente l’annuncio di lavoro

I recruiter professionisti dedicano una buona fetta del loro tempo e del loro impegno nel realizzare i propri annunci di lavoro, esponendo in modo chiaro i requisiti ricercati e le richieste nei confronti del candidato. Ed il primo errore di questi ultimi è proprio questo: non leggere attentamente l’annuncio. Ecco allora che arrivano candidature che non rispettano i requisiti minimi espressi, o persino CV che non rispettano le richieste formali dell’head hunter. Non di rado, per esempio, nell’annuncio di lavoro si richiede di mandare un CV in italiano e in formato doc editabile. Puntualmente, però, arrivano dei curricula in inglese, o magari in formato pdf. Vale quindi la pena sottolineare che quelle del recruiter non sono delle richieste casuali. Il selezionatore chiede espressamente un curriculum vitae in italiano per poterlo sottoporre senza problemi a chiunque all’interno dell’azienda, nonché per vedere come il candidato se la cava con la nostra lingua ufficiale. Si capisce quindi che mandare un CVin inglese perché si ha solo quello di pronto, o perché si vuole vantare la propria conoscenza di una lingua straniera, è tutt’altro che ben accetto (tanto più che il recruiter che desidera mostrare il curriculum all’azienda potrebbe essere costretto a tradurlo). La richiesta di un file editabile ha anch’essa un motivo ben preciso: così facendo il recruiter potrà eventualmente apportare delle correzioni o delle migliorie (dopo, per esempio, aver consultato LinkedIn) prima di sottoporre la figura all’azienda. Leggere e rispettare quanto riportato nell’annuncio è quindi fondamentale!

Il dirigente in cerca di lavoro che non aggiorna e non personalizza il CV

Sembra strano, ma talvolta anche i candidati a posizioni dirigenziali, che tendenzialmente possono vantare una lunga esperienza in aziende diverse, sottovalutano l’importanza di un buon curriculum vitae aggiornato e personalizzato. Ecco allora arrivano curriculum aggiornati magari uno o due anni fa, o CV che presentano lacune nella carriera lavorativa, e via dicendo. La carriera lavorativa di un dirigente vale talmente poco da mandare il primo documento trovato? Anziché inoltrare da smartphone un CV trovato casualmente nella memoria del cellulare (spesso nelle email si legge persino la dicitura “Inviato da mobile”) non è il caso di sedersi al pc e rivedere il CV, aggiornandolo sugli ultimi anni e personalizzandolo in base al ruolo per cui ci si candida? Una figura che si candida come dirigente commerciale metterà per esempio in risalto – anche solo a livello di formattazione – le esperienze e le competenze che giustificano la propria candidatura, e via dicendo. Qualche parolina in più e dei grassetti ben posizionati possono fare la differenza, anche per mostrare al recruiter impegno e buona volontà. Chi vuole avere la certezza di fare una buona impressione da questo punto di vista inserirà anche qualche numero sui risultati raggiunti in passato.

Il dirigente che su LinkedIn sembra un’altra persona

Chi si occupa di sviluppo di carriera e di ottimizzazione dell’immagine del candidato ripete sempre che LinkedIn non è affatto un Cv online. Ma questo non significa certo che questi due strumenti non debbano essere coerenti. Purtroppo anche nel caso dei candidati dirigenti si trovano delle differenze enormi tra questi due canali, con CV che raccontano intere carriere e profili LinkedIn che, invece, sembrano aperti da mezz’ora e non ancora completati. LinkedIn è importante per riportare i punti di forza già presenti nel curriculum e per mostrare anche qualcosa di più: dei post interessanti, dei collegamenti a delle interviste fatte, un link a una presentazione fatta durante un evento del settore. Un profilo Linkedin trascurato, agli occhi di un recruiter, non può che far perdere punti agli occhi dell’head hunter.

Il dirigente che cerca di fare il furbo

Di certo chi si occupa di selezione del personale ha quotidianamente a che fare con candidati che cercano, più o meno maldestramente, di gonfiare almeno un po’ il proprio profilo. Ma non è solo in questi modi che si cerca di fare i furbi. Nel caso dei candidati dirigenti, per esempio, è tutt’altro che raro trovarsi ad avere a che fare con curricula che trascurano volontariamente dei dati ben precisi, come la data di nascita e la regione di residenza. Così facendo i professionisti di oltre 50 anni cercano di ingannare le aziende propense ad assumere solo under 50; non riportando la regione di residenza, invece, si cerca di celare fino all’ultimo il fatto di vivere lontani dalla sede dell’azienda. Ma vale davvero la pena ricorrere a questi mezzucci? No, perché le agenzie di selezione del personale, con una veloce ricerca online, riescono agevolmente a trovare sia l’età che la residenza dei candidati. Molto meglio comunicare fin da subito dati come questi, per non fare la figura dei “furbi”, a tutto danno della candidatura. Tante aziende prendono in considerazione senza esitazione dirigenti over 50!

Il dirigente che fa solamente colloqui da remoto

Si badi bene: la maggior parte delle aziende non si fa nessun problema a prendere in considerazione l’assunzione di un dirigente che vive lontano. Si parla di figure di alto profilo, che non sempre si possono trovare nel raggio di pochi chilometri. Non è quindi raro contattare per dei colloqui dei professionisti che vivono in altre regioni. Ebbene, un errore da non fare in questi casi è quello di eliminare la possibilità di un colloquio in presenza in quanto spostarsi sarebbe troppo costoso. Se si vuole mandare a monte la possibilità di essere scelti, questo è uno tra i modi più veloci. Davvero un’azienda dovrebbe prendere in considerazione una figura dirigenziale che non è disposta a spendere 100, 200 o 300 euro per un colloquio che potrebbe cambiare in meglio la propria carriera lavorativa? Se proprio si vuole effettuare un colloquio da remoto (in videochiamata, che peraltro presenta tante altre insidie) meglio usare un’altra scusa.

Il dirigente che non allega una lettera di presentazione

Ci si può aspettare che un neodiplomato, rispondendo a un annuncio lavorativo, non alleghi una lettera di presentazione al proprio curriculum vitae, ritenendo di non avere nulla da dire oltre ai dati riportati nel documento. Ma se questo è un errore tutto sommato da poco per un giovane alle prime esperienze, è invece un errore macroscopico per un candidato dirigente. La lettera di presentazione serve per spiegare a chiare lettere, e in poche parole, perché si è adatti a quella posizione lavorativa: mandare un curriculum senza presentazione vuol dire di fatto affermare di non aver alcuna voglia di sforzarsi per accedere a quella nuova opportunità lavorativa.

Photo by Hunters Race on Unsplash

Redazione

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