Quasi 900mila laureati, altrettanti diplomati e oltre 680mila persone con qualifica professionale troveranno lavoro tra il 2020 e il 2024, chiamati a integrare o sostituire il personale uscente per ragioni di età. Ma proprio per gli indirizzi di formazione e istruzione professionale si prospettano le maggiori difficoltà, visto che, in 4 casi su 10, non saranno disponibili sul mercato. È quanto mostra l’ultima stima di Unioncamere relativa ai fabbisogni occupazionali tra il 2020 e il 2024, elaborata nell’ambito del Sistema informativo Excelsior.

Nel quinquennio 2020-2024 i laureati e i diplomati dovrebbero rappresentare nel complesso il 69% del fabbisogno occupazionale – con una quota particolarmente elevata richiesta dal settore pubblico, pari al 92% – mentre il personale con qualifica professionale peserà per il 26% (quasi esclusivamente destinato ai settori privati). Per un ulteriore 5% di fabbisogno di personale non sarebbe necessaria una particolare qualifica o titolo di studio.

I titoli di studio richiesti nel quinquennio 2020-2024

Per quanto riguarda i laureati (34% della domanda) tra i principali indirizzi universitari richiesti nel quinquennio 2020-2024 emergono l’indirizzo medico-paramedico, per cui si stima saranno necessari 173mila unità, l’indirizzo economico (119mila unità), ingegneria (117mila unità), insegnamento e formazione (104mila unità comprendendo scienze motorie) e l’area giuridica (88mila unità).

Inoltre, confrontando il fabbisogno di laureati richiesto dalle imprese con l’offerta prevista di neo-laureati – senza considerare anche la componente di laureati disoccupati – risulta nel totale una situazione di equilibrio, ma con notevoli differenziazioni scendendo a livello dei singoli indirizzi: si potrebbero così verificare a livello nazionale situazioni di carenza nell’offerta di competenze medico-sanitarie (con 13.500 figure mancanti mediamente ogni anno), come nei diversi ambiti scientifici e dell’ingegneria. Mentre al contrario eccedenze di offerta si potrebbero verificare negli ambiti politico-sociale o linguistico.

Le previsioni relative al fabbisogno di diplomati (35% del totale), ripropongono la preminenza dell’indirizzo amministrativo, con un fabbisogno stimato nel quinquennio di 260mila unità, seguito da industria e artigianato, che richiederà 243mila diplomati (per il 39% nell’indirizzo meccanico e per il 24% nell’elettronica), dai licei (137mila unità), turismo (78mila unità) e socio-sanitario (66mila unità).

Per quanto riguarda il confronto domanda e offerta di neo-diplomati, si osserva una situazione di eccesso di offerta per i licei e per l’indirizzo tecnico del turismo, enogastronomia e ospitalità.

Infine, per quanto riguarda la domanda di occupati per gli indirizzi dell’Istruzione e Formazione Professionale (IeFP), si stima che il fabbisogno si concentrerà in prevalenza negli indirizzi ristorazione (155mila unità), benessere (113mila unità), meccanico (100mila unità), servizi di vendita (64mila unità) e amministrativo segretariale (51mila unità). In generale, il mismatch domanda-offerta per l’istruzione e formazione professionale si presenta eclatante, essendoci un’offerta complessiva in grado di soddisfare solo il 60% della domanda potenziale (fabbisogno medio annuo di 137mila unità contro un’offerta annuale di appena 85mila unità), con situazioni ancora più critiche per gli indirizzi della meccanica, del legno-arredo, della logistica e dell’edilizia.

Il forte incremento previsto per la domanda di profili laureati, da una parte, e di qualifiche professionali dall’altra parte, conferma gli effetti di polarizzazione del mercato del lavoro che conseguono alle grandi trasformazioni in atto, dove sono sempre più necessarie competenze tecnico-scientifiche elevate e capacità digitali. Questo fenomeno sta comportando per i diplomati una riduzione delle opportunità lavorative; i lavoratori senza un titolo universitario hanno una maggiore probabilità di essere impiegati in occupazioni di bassa competenza. In questo contesto diventa fondamentale strutturare adeguatamente l’offerta formativa degli istituti professionali e rafforzare l’intera filiera dell’istruzione tecnica superiore (ITS). Nei paesi con forti sistemi formativi “duali” è stato favorito l’ingresso nel mercato del lavoro dei giovani dotandoli delle competenze chiave che sono immediatamente richieste dalle imprese.

Redazione

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