Nelle aziende di tutto il mondo la preoccupazione principale è quella relativa al costante declino della motivazione del personale. I concetti e le attività chiave per gestire questi temi sono stati ben individuati:

  • aumentare l’autonomia decisionale del personale;
  • attivare meccanismi di corresponsabilità;
  • promuovere la pro-attività;
  • sviluppare l’ownership degli incarichi;
  • creare un ambiente di apprendimento;
  • sfruttare l’intelligenza collettiva.

Non si contano i milioni di euro assegnati a programmi di empowerment del personale, convegni ispiratori, schemi di incentivazione, coaching motivazionale, incentivi finanziari, bonus e programmi di formazione.  Onestamente, tutte queste attività hanno davvero migliorato la situazione? La risposta è no. Nessun responsabile delle Risorse Umane è completamente soddisfatto del clima aziendale e i problemi della motivazione sono sempre presenti a tutti i livelli gerarchici. Il problema è che, spesso, queste attività sono utilizzate per trattare il sintomo piuttosto che per risolvere definitivamente il problema sottostante, la causa vera. Conclusione: per affrontare il problema motivazionale generalizzato, la serie di mezzi impiegati dalle Risorse Umane sembra essere stata inversamente proporzionale al raggiungimento di risultati percepibili e questo, principalmente, per colpa delle società di coaching e di alcuni coach in particolare. Credo si debba ricostruire una più corretta prospettiva dell’executive coaching e l’ideale è riconsiderare le prospettive aziendali sul tema dell’empowerment e trovare nuove strategie per gestire realmente la motivazione del personale. La demotivazione dovrebbe essere considerata meno un problema in sé e più percepita come una conseguenza o un sintomo che poggia su altre cause. Se si adotta questo punto di vista, la vera domanda potrebbe essere: in che modo l’ambiente aziendale sta demotivando, distaccando e alienando il personale in modo sistematico? La verità è che la maggior parte dei dirigenti aziendali, più o meno inconsapevolmente, sta implementando una serie di metodi specificatamente studiati per limitare l’empowerment, soffocare le iniziative, aumentare la prevedibilità, rendendo la vita dei loro dipendenti e del middle management assolutamente noiosa. Ormai, le organizzazioni stanno diventando sempre più ossessionate dal controllo e, specie le multinazionali, sembrano aver abbandonato il Think Global Act Local per favorire un sistema di standardizzazione e centralizzazione operativa spesso troppo distante dal contesto di mercato e dal management locale. Con quali effetti? Eccoli:

  1. Una crescente quantità di procedure operative standardizzate sempre più dettagliate, che vengono solitamente implementate e controllate da sedi centralizzate distanti.
  2. Una straordinaria gamma di sistemi di reporting complessi e molto dettagliati, che occupano molti manager quasi a tempo pieno.
  3. Lunghi tempi trascorsi in presentazioni, dove si viene informati e sovra-informati da C-Level ed Executive sempre più concentrati in temi di micro-gestione e sempre più incuriositi dai dettagli.
  4. La continua crescita di sistemi di controllo finanziario ed esecutivo.
  5. La crescente complessità delle strutture di cogestione delle matrici (organizzazione a “silos” ecc.), in cui tutti riportano ad almeno due o tre gerarchie contraddittorie se non in competizione e in conflitto.

L’elenco potrebbe continuare. Ma a cosa serve implementare tutti questi sistemi procedurali? A raggiungere due obiettivi complementari: un controllo minuzioso di ogni possibilità di iniziativa e una prevedibilità dei risultati estremamente precisa. Questo è il problema centrale che deve essere affrontato e risolto nel corso della maggior parte dei processi di executive coaching. Oggi è molto più importante fare semplicemente un budget sicuro che consegnare inaspettatamente risultati moltiplicati. Di conseguenza, quando la grande maggioranza del personale di un’organizzazione, dai vertici ai settori operativi, sembra mostrare mancanza di motivazione e responsabilizzazione, il vero problema è che la loro cultura aziendale è focalizzata principalmente su obiettivi sicuri, che garantiscano progressioni stabili e prevedibili rispetto a picchi o rallentamenti imprevisti. In questo contesto, ci sono due possibili strategie di executive coaching che potrebbero portare molta più coerenza.

  1. La prima strategia consiste nell’annullare tutte le spese inutili su formazione, coaching, empowering e altre iniziative che sono fondamentalmente incoerenti con la priorità aziendale che è basata sul controllo totale piuttosto che sulla delega.
  2. La seconda strategia consisterebbe nell’utilizzare l’executive coaching per sviluppare una cultura di gestione più orientata agli obiettivi, che non privilegi un ambiente di micro-controllo centralizzato. Questa strategia di executive coaching consisterebbe nell’accompagnare i leader nel creare un ambiente di apprendimento per far crescere il proprio personale, dispiegarsi e raggiungere il proprio potenziale per risultati eccezionali.

Giuseppe Andò

Giuseppe Andò

C-level, Executive, Team & Career Coach. Associate Coach Marshall Goldsmith Stakeholder Centered Coaching. Member of Board EMCC Italia (European Mentoring & Coaching Council).