La pandemia, con il conseguente lockdown ed il passaggio così repentino ad una modalità di lavoro full remote, ha sicuramente cambiato le priorità di tanti lavoratori. Per molti è stato anche un momento per analizzare l’aderenza del proprio stile di vita, del work-life balance, con i valori personali più profondi. Queste riflessioni sono alla base del fenomeno delle grandi dimissioni, che in Italia non ha certo avuto lo stesso impatto registrato negli Stati Uniti ma che è comunque trasversale e coinvolge un numero notevole di dipendenti (1,6 milioni le dimissioni registrate nei primi 9 mesi del 2022, secondo gli ultimi dati del Ministero del Lavoro).

Per il mondo IT, che ha visto l’esplosione di ricerche di profili tecnici in ogni settore di mercato, ha portato tantissimi lavoratori ad avere a disposizione numerose valide alternative e, di conseguenza, a lasciare il posto di lavoro che non li soddisfaceva più per seguire nuove opportunità. Figure legate allo sviluppo, Digital Media e Cloud continuano ad essere le più richieste (oltre il 64% degli annunci, secondo l’ultimo rapporto di Anitec-Assinform), sia dal mercato ICT che da settori quali servizi finanziari, energy e utilities, manifatturiero e sanità. Indipendentemente dall’attività, infatti, c’è l’esigenza di figure professionali in grado di favorire la crescente digitalizzazione dei processi e di supportare i clienti nell’integrazione delle nuove soluzioni digitali. 

In un mondo così instabile e ricco di opportunità, la grande sfida delle aziende è quella di trattenere i talenti, cercando di rispondere alle aspettative dei collaboratori. Sono diventati fattori chiave la possibilità di crescita e mobilità interna, la formazione continua, ma anche la flessibilità in termini sia di luogo che di tempi e orari di lavoro: una cultura aziendale aperta, inclusiva, che offre flessibilità e work-life balance corretto è molto più appetibile, anche a costo di accettare uno stipendio più basso (almeno 1 italiano su 4 sarebbe disposto a guadagnare il 10% in meno per gestire più agevolmente le ore lavorative).

Cosa possono fare le imprese per favorire la retention?

Innanzitutto, avviare una più stretta collaborazione con enti formativi, in modo da orientare i giovani con esperienze più concrete e immediatamente spendibili sul mercato del lavoro – un esempio è ciò che stiamo facendo con la Red Hat Academy in tutto il mondo.

Un contributo ugualmente importante passa dalla responsabilizzazione dei dipendenti, incoraggiandone l’autonomia decisionale e supportandone l’evoluzione all’interno dell’azienda con progettualità concrete già dalle prime fasi di onboarding. Ad esempio, attraverso il nostro programma Graduates, rivolto ai neolaureati, offriamo un contratto a tempo determinato che prevede un primo periodo di formazione generale e poi una rotazione in 3 diversi dipartimenti (Pre-Sales, Services e Customer Experience & Engagement) per consentire al nuovo dipendente di mettersi alla prova in team differenti.

Infine, hanno valore di retention anche tante attività legate alla CSR come progetti aziendali con impatto sociale e possibilità di volontariato. Oggi, i lavoratori, soprattutto i più giovani, tengono conto di tutti questi fattori nel valutare una posizione lavorativa.

È chiaro che l’investimento nel capitale umano è necessario per far progredire i piani di trasformazione digitale e sostenibile delle imprese e rimanere al passo con un mercato in evoluzione continua.

Aurora Simonetti

Aurora Simonetti

HR Business Partner di Red Hat Italia