Gli USA sono stati duramente colpiti dal Covid al punto che nemmeno la Grande Depressione degli anni 30 è riuscita ad infliggere danni così invasivi. Ciò nonostante la maggiore economia mondiale è ripartita e le previsioni di recupero non solo sono ottimiste, ma vedono una rimonta per il 2021 che spazia dal modello di curva di crescita Z (con ritorno ai livelli pre-Covid nel corso del 2021 grazie alla ripresa dei consumi e degli spostamenti interni) alla curva di crescita U (più conservativa nei tempi di ripresa ma sempre proiettata a livelli pre-Covid).

L’economia USA ha goduto di 23 trimestri consecutivi di crescita dal 2014 fino al Q1 2020 dove si è sperimentata una contrazione stimata nel -5% dal U.S. Bureau of Economic Analysis, il secondo peggior declino dopo il -8,4% del Q4 2008 nel picco della crisi finanziaria.

La crescita del PIL negli U.S.A. per trimestre dal 2009 al Q1 2020 (fonte: U.S. Bureau of Economic Analysis)

Tra i settori che hanno sperimentato la maggiore contrazione figurano la produzione di mezzi di trasporto, aerei in particolare, con la Boeing (il principale exporter USA in termini di valore in dollari) che ha visto da gennaio non solo un calo di ordini (462 cancellazioni del 737MAX) ma anche una riduzione di fatturato stimato nelle previsioni 2020 in $110 miliardi contro l’attuale previsto di $72 miliardi e ha pure annunciato la chiusura della linea di produzione del 747 Jumbo Jet.

Il trasporto aereo insieme all’industria dell’ospitalità è il settore che ha registrato il maggior declino con un -92% di riduzione dei passeggeri nei voli interni USA mentre l’alberghiero ha visto l’occupazione crollare al 24,5% nel mese di aprile rispetto al precedente periodo del 2019.

Oltre al blocco nei servizi professionali, nelle costruzioni e nelle vendite retail, ambito quest’ultimo che ha mietuto non poche vittime tra cui aziende leader quali Brooks Brothers, JC Penney, J.Crew, Neiman Marcus, Hertz, GNC, Sur La Table and Muji che hanno presentato istanza di fallimento a causa del Covid-19 e richiesto la procedura del Chapter 11 per ristrutturare il debito e riorganizzare il nuovo modello di business.

Ma ecco gli aspetti positivi: i consumatori USA sono attualmente molti più forti rispetto alla crisi del 2008, il mercato immobiliare non registra incrementi dei prezzi di vendita degli immobili e i depositi bancari così come i tassi sui conti correnti di risparmio sono in aumento.

Gli aiuti federali hanno rimpiazzato il 30% di perdita nei salari limitando una ulteriore crescita del tasso di disoccupazione mentre il 32% delle piccole imprese USA ha beneficiato dei prestiti facilitati dal piano di protezione SBA Paycheck Protection Program Loan a tutela del mantenimento degli stipendi dei dipendenti.

4,8 milioni di posti di lavoro si sono aggiunti nel mese di giugno 2020, in aggiunta ai 2,5 milioni di maggio, facendo scendere il tasso di disoccupazione all’11,1%, in netta risalita rispetto al 14,7% registrato ad aprile e al 19,5% di maggio.

Un importante segnale di ripresa dell’economia USA viene dal trasporto aereo che vede le compagnie aeree riprendere a volare ripartendo da una rinnovata forte domanda interna, con una capacita’ del 30-55% rispetto ai livelli pre-Covid e con previsioni che vedono un cauto ma roseo ottimismo e già un orizzonte di pareggio per un vettore quale Delta Air Lines per la primavera 2021.

I ristoranti hanno ripreso le attività raggiungendo oggi il 60% di prenotazioni rispetto ad un anno fa, gli alberghi registrano una occupazione del 44% a New York e del 49% in un mercato vacanziero primario come la Florida, le richieste di mutui per acquisti di nuove case vedono un +18% rispetto all’anno scorso e il mercato immobiliare non subisce inflessioni (dati aggiornati alla settimana del 20 giugno 2020).

Gli USA rimangono il principale destinatario di FDI (investimenti esteri diretti) con un flusso in ingresso di $253,6 miliardi nel 2018, di $246,2 miliardi nel 2019 e di $51 miliardi nel Q1 2020.

Ovviamente i flussi si sono rallentati nel Q2 a causa del Covid e la UNCTAD (United Nations Conference on Trade and Development) ha stimato una contrazione globale di FDI del 40% entro il 2021 a causa dell’incertezza economica a seguito della pandemia e di un quadro globale di rallentamento con ridotte marginalità di profitto delle imprese multinazionali che a loro volta hanno minor capacità finanziaria per nuovi investimenti sia come greenfields che per espansioni e M&A. Gli USA risultano essere il mercato meno penalizzato rispetto ad economie emergenti minori, con una rinnovata fiducia di investitori ed imprese e ottimismo di crescita di FDI per il 2021.

Inoltre il PIL americano in un confronto YoY registra oggi, con valori aggiornati al 10 Luglio 2020, una crescita positiva del 0,3% rispetto ad un fronte negativo cinese ed europeo (Cina -6,8%, Eurozona – 3,1%, Italia -5,4%).

L’export del Made-in-Italy verso gli USA si è sempre basato principalmente su beni di consumo finali piuttosto che semilavorati rendendo il mercato americano più come un eccellente cliente consumer che un partner produttivo, ed è cresciuto nel Q1 2020 rispetto al Q1 2019 passando da €10,7 miliardi a €11,9 miliardi, riconfermando il mercato USA come il principale destinatario extra UE. Ed è stato il settore eno-food a sostenere il Made-in-Italy durante la pandemia Covid negli USA: a maggio è partita la campagna “Stay at home and #cookitalian” promossa dall’ambasciata italiana a Washington in collaborazione con 9 consolati che, con l’obiettivo di promuovere l’utilizzo di prodotti originali italiani, hanno pubblicato su Facebook 11 video di ricette italiane preparate in casa da personalità dell’entertainment televisivo tra cui Lidia Bastianich e Isabella Rossellini.

Nelle previsioni sui settori del Made in Italy per il mercato USA rimangono i classici best players quali la meccanica di precisione, l’eno-food, il farmaceutico e le varie declinazioni del luxury dal design al fashion, ma diventa fondamentale per l’impresa italiana comprendere i cambiamenti e l’evoluzione del mercato ed adeguarsi ad una realtà oggi ancor più competitiva e selettiva dove la chiave per il nuovo successo non sarà solo nell’export tradizionale come svolto finora, ma nel considerare gli USA come un mercato da sviluppare dall’interno per relazionarsi con i buyers come un player USA.

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Antonio Acunzo

Antonio Acunzo è CEO di MTW GROUP-Foreign Market Entry Advisors, società di International Business Advisory fondata nel 2005 con sede a Miami, Florida e a Singapore che offre consulenza e servizi di Strategia per l’Internazionalizzazione, Brand Marketing e Corporate ad aziende PMI e Mid-Market con potenziale di crescita in selezionati mercati negli USA e in Asia (www.marketingthatworks.us).