Cresce la fiducia per la formazione universitaria, anche in un periodo complesso come quello attuale, dove la didattica a distanza preoccupa per la potenziale incidenza sull’abbandono scolastico, ma resta il divario con l’Europa e il gap fra formazione teorica e pratica.
Questo quanto emerge da un’elaborazione di Fondazione Deloitte sui dati dello studio realizzato dal Censis a ottobre 2020 e che vede fra le criticità del sistema universitario l’Italia ancora al di sotto della media europea per immatricolazioni (51,8% dei giovani italiani in età corrispondente vs il 58,7% in Europa).
“Sebbene la quota di immatricolati cresca, molto resta ancora da fare per colmare il gap che ci separa dal resto dei paesi dell’Unione europea per numero di giovani con titolo di studio terziario e per scelta nei percorsi STEM” – dichiara Paolo Gibello, Presidente di Fondazione Deloitte – “trend confermato anche dal nostro Osservatorio che evidenzia come la spesa delle università italiane per singolo studente risulti essere tra le più basse d’Europa, oltre a presentare un tasso di crescita annuo sul PIL nazionale (2,4%) inferiore alla media europea (2,5%)”.

Inoltre, sempre dall’Osservatorio Deloitte, emergono alcune riflessioni sull’offerta formativa: sia gli studenti di scuole superiori che gli universitari, accusano un mancato bilanciamento tra formazione teorica e pratica. Per oltre uno studente su cinque non sono previste ore di esercitazione operativa nel proprio percorso di studi, e per il 32% di chi invece ne ha ufficialmente in programma, il numero di ore è considerato insufficiente. Questo gap è percepito in maniera significativa soprattutto dai docenti di materie STEM, in quanto il 34% di essi afferma di avere a disposizione un numero insufficiente di ore da dedicare allo sviluppo di competenze pratiche.
Tuttavia, ci sono anche buone notizie. Dai primi dati resi disponibili dal Ministero dell’Università e della Ricerca, utili per tracciare iscrizioni e cambiamenti nei confronti dell’istruzione universitaria in periodo di pandemia, emerge che gli iscritti al primo anno per l’anno accademico in corso sono, infatti, cresciuti del 7,6% rispetto all’anno precedente con un’impennata di iscrizioni nelle università del centro e sud Italia; in testa l’Umbria al +22% e la Sicilia +18,8%.
“A fronte di questo scenario, emerge sempre più l’esigenza di formazione continua e aggiornamento come fattore determinante – conclude Gibello – “serve un investimento in apprendimento pratico oltre che teorico come proposta e percorso mirato ad appassionare di più i giovani, avvicinarli al mondo STEM e nel complesso rispondere meglio alle richieste del mondo del lavoro. Inoltre, sia gli occupati, sia le imprese che abbiamo ascoltato hanno espresso la mancanza di aggiornamento su competenze digitali innovative; in particolare al crescere del titolo di studio, si registra un incrementale bisogno di ricorrere a nuova formazione per affinarsi e rimanere aggiornati con le evoluzioni scientifico-tecnologiche”.

Redazione

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