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Il volume “Sostenibilità: Profili giuridici, economici e manageriali delle PMI italiane”, a cura della Professoressa F. Massa, raccoglie i risultati di un recente studio interdisciplinare svolto da un gruppo di ricerca del Dipartimento di Management e Diritto dell’Università degli Studi di Roma “Vergata”.

Si tratta di uno studio particolarmente importante nella comprensione delle PMI e del loro ruolo sociale in termini ambientali e sociali, considerando la scarsità di contributi scientifici relativi alle applicazioni del “green marketing” da parte di questi attori e la poca conoscenza delle pratiche anche tra manager e policy maker.

La ricerca ha analizzato un campione di 46 aziende italiane, 39 aderenti alla Global Reporting Initiative e 7 alla UNIC, utilizzando un questionario per indagare la cosiddetta “sostenibilità olistica”: la quota del fatturato che ognuna di esse investe “sostenibilità” e le loro azioni di “green marketing”. Le imprese sono poi state divise in 4 cluster sulla base delle risposte fornite. Parallelamente, i ricercatori hanno redatto delle linee guida per implementare il management di ogni gruppo di imprese individuato.

Il concetto di “sostenibilità” ha subito una evoluzione nel corso degli ultimi anni. È ben noto il ruolo che le scelte green delle aziende giocano nei comportamenti di acquisto di consumatori che sempre di più premiano attenzioni verso la salvaguardia ambientale legata ai processi di produzione. Oggi la “sostenibilità” arriva a coinvolgere non soltanto l’impatto sull’ambiente naturale delle imprese, ma anche come esse impattino le vite dei cittadini. Condizioni di lavoro, diritti umani, salute, ambiente, innovazione, istruzione, formazione e previdenza sociale sono tutti ambiti dove le PMI giocano un ruolo importante per le comunità; le stesse PMI risultano fondamentali nel raggiungimento dei 17 obiettivi della sostenibilità definiti dall’ONU per l’Agenda 2030.

È in questo quadro che i ricercatori analizzano lo stato del “Green Marketing” delle PMI Italiane: un insieme di strategie per la produzione, distribuzione e promozione di prodotti con particolare attenzione alle ricadute di questi processi a livello ecologico e sociale. Questo è spesso affiancato da un cambiamento nel management, per favorire queste strategie ed assumere un’immagine “green” in breve tempo.  Tale svolta può anche essere solamente un’operazione di facciata denominata “green washing”, con minime ricadute sull’ambiente naturale e collettivo dove l’impresa si trova ad operare.

Le 46 imprese del campione sono state suddivise secondo il loro grado di investimento in azioni di “green marketing” e alla loro implementazione: attenzione ai materiali utilizzati e al loro riciclo; definizione di prezzi per incentivare azioni ambientali, o scoraggiare l’acquisto di prodotti più inquinanti; collaborazione e cooperazione con gli stakeholder; comunicazione del proprio orientamento ambientale; implementazione di tattiche e strategie di green marketing.

La ricerca arriva a definire 4 cluster, di seguito illustrati.

Green Dogs (35% del campione)
Scarsi livelli di investimento, pessimi risultati in termini di green marketing.
Per queste imprese la “sostenibilità olistica” semplicemente non esiste. I ricercatori suggeriscono un profondo processo di rivoluzione interna che parta dal management per introdurre processi ecologicamente e socialmente sostenibili, coinvolgendo dipendenti e stakeholder, oltre a maggiori investimenti in termini quantitativi.

Green Question Mark (7% del campione)
Buoni livelli di investimento, scarse azioni di green marketing.
La sostenibilità viene intesa come un obbligo legale, e non come un’opportunità di crescita. A queste imprese viene chiesto di lavorare più profondamente sull’allocazione delle risorse green, sulla produzione, distribuzione e sulle attività di comunicazione per raggiungere un migliore posizionamento green.

Green Cows (30% del campione)
Scarsi investimenti in termini di fatturato, ma buoni risultati in termini di green marketing.
Questi attori comprendono l’importanza della sostenibilità, che viene soprattutto comunicata piuttosto che davvero realizzata con azioni mirate di reale impatto ambientale e sociale. Attraverso minimi investimenti questi attori sono in grado di assumere un’immagine “green” di fronte agli stakeholder, la quale non è però supportata da investimenti considerevoli o funzioni organizzative dedicate.
A questi attori viene suggerito di allocare maggiori risorse in processi di Ricerca e Sviluppo, e nell’incremento del proprio “internal branding”. Basandosi su valori i manager dovrebbero promuovere una cultura green attraverso il coinvolgimento dei dipendenti nei processi aziendali.

Green Stars (28% del campione)
Buoni livelli di investimento, buoni risultati in termini di green marketing.
La Sostenibilità è considerata una strategia di lungo periodo, che conduce ad un vantaggio competitivo. Tutte le funzioni organizzative vi sono coinvolte. A questi attori, i ricercatori suggeriscono di preservare la loro posizione di vantaggio attraverso il monitoraggio della propria base di utenti e altre azioni per il soddisfacimento dei bisogni che essi esprimono.

Redazione

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