• Dall’indagine EY Digital Manufacturing Maturity Index 2019 emerge che i principali ostacoli nel percorso di digitalizzazione delle aziende manifatturiere sono la limitata cultura digitale (85%) e l’individuazione di figure professionali adeguate (84%);
  • Più della metà del campione ha avviato un percorso di formazione tradizionale, solo il 12% ha un programma di sviluppo delle competenze digitali, e il 30% riconosce di avere una limitata conoscenza del digitale;
  • Analisi Digital Manufacturing Maturity Index 2019: ancora ristretto il numero di realtà manifatturiere che hanno realizzato operazioni societarie afferenti al mondo dell’industria 4.0;
  • M&A: dal 2014 al 2018 i deal a livello globale sono passati da 50 a 108, con investimenti digitali maggiori nel settore dei servizi industriali e dell’automotive;
  • I deal italiani hanno riguardato principalmente target dal mondo dell’industrial automation (75%) e dei computer software (25%), con un’equa distribuzione di deal domestici (50%) e cross-border (50%).

Si è conclusa la seconda edizione dell’EY Manufacturing Lab, l’iniziativa territoriale di EY che ha coinvolto imprenditori e AD, tramite un format innovativo, per discutere e confrontarsi su temi legati alla trasformazione digitale e all’innovazione dell’industria manifatturiera italiana.

La tappa conclusiva è stata l’occasione per mostrare i risultati emersi dai tavoli di lavoro, oltre che due nuove analisi EY: l’”EY Digital Manufacturing Maturity Index 2019”, l’indagine sullo stato di digitalizzazione delle aziende manifatturiere italiane, e l’analisi EY “M&A in the era of digital transformation” che restituisce la fotografia degli ultimi quattro anni (2014-2018) in tema di innovazione digitale e di competitività italiana, inserendola nel panorama delle acquisizioni internazionali del resto del mondo.

Commenta Donato Iacovone, AD di EY in Italia e Managing Partner dell’Area Mediterranea: “Dalle nostre analisi è emerso che le imprese fanno fatica a intercettare le competenze necessarie allo sviluppo dell’Industria 4.0 e, ove trovate, a tenerle aggiornate. Secondo la nostra survey, infatti, l’84% degli intervistati denuncia la carenza di figure professionali adeguate a far crescere l’innovazione. Inoltre, più della metà del campione ha avviato un percorso di formazione tradizionale, solo il 12% ha un programma di sviluppo delle competenze digitali, e il 30% riconosce di avere una limitata conoscenza del digitale. Diventa fondamentale e strategico per le nostre imprese, in particolare per le PMI, investire in formazione e in competenze adeguate, indispensabili per evolvere e competere sui mercati internazionali”. 

L’indagine “EY Digital Manufacturing Maturity Index 2019” mostra chiaramente come in Italia solo una minima parte delle aziende prese in esame – in tutto il 14% – mostra il raggiungimento di uno stato più avanzato di sviluppo digitale caratterizzato da progettualità 4.0 evolute e con sistemi informativi in grado di scambiare informazioni verticalmente dalle macchine all’ERP (o cloud) e con un buon livello di integrazione delle informazioni lungo tutto il processo produttivo, comprese le altre funzioni aziendali.

Il 49% delle aziende, invece, sta mettendo le basi per una gestione digitale dei processi, mentre circa un terzo (37%) si trova in una fase iniziale e sperimentale di trasformazione digitale e ha implementato soltanto dei progetti pilota di integrazione verticale all’interno dell’azienda. All’interno del campione, solo una minima parte delle aziende (5%) possiede un sistema strutturato e automatizzato di integrazione dei dati con fornitori e/o clienti.

Risulta marcato il divario tra piccole e grandi aziende, in particolare su alcuni temi specifici come l’utilizzo di tecnologie innovative. Infatti, la maggior parte delle grandi aziende (il 70%) ha un piano di sviluppo definito e ha introdotto all’interno dell’azienda tecnologie innovative e di industria 4.0, sfruttando anche i benefici fiscali previsti in tema di innovazione e rispetto dell’ecosistema; le piccole e medie realtà, invece, hanno incontrato ostacoli lungo il percorso di adozione di tecnologie digitali e di accesso agli incentivi e si mostrano deboli in tema di cultura aziendale, governance del cambiamento e strategia dello sviluppo.

Marco Mignani, EY Mediterranean Diversified Industrial Product Leader, aggiunge: “Questo percorso territoriale ci ha consentito di entrare in contatto e di interagire con oltre 450 C-Suite di imprese manifatturiere italiane nel corso di 9 diversi workshops territoriali verticali effettuati negli ultimi 16 mesi. In questi incontri abbiamo riscontrato che le nostre aziende manifatturiere presentano un grado di maturità nel digitale più elevato rispetto all’inizio delle nostre rilevazioni. Infatti, la metà delle aziende del campione ha gettato le basi per una trasformazione digitale completa, mentre solo il 3% non ha ancora avviato nessuna iniziativa. Finalmente si stanno creando le basi per costruire una progettualità più evoluta.

Ancora un numero ristretto di realtà manifatturiere ha realizzato operazioni societarie afferenti al mondo dell’industria 4.0. Ed è su questa partita, giocata nel confronto con le grandi industrie nazionali e internazionali, che entrano in campo i dati emersi dallo studio EY “M&A in the era of digital transformation” che mostra chiaramente come invece la digital transformation sta coinvolgendo, al livello globale, un numero sempre maggiore di player industriali, concentrandosi in particolare su due settori: l’industrial automation e il computer software.

Sei i settori digital oggetto di transazione messi sotto la lente d’ingrandimento dell’analisi sul mercato M&A a livello globale che copre gli ultimi quattro anni, dal 2014 al 2018, tra bidder industriali e target dal mondo digital. I settori che, a livello mondiale, hanno intrapreso in maniera attiva un percorso di digital transformation sono principalmente riconducibili alle industry dell’automotive, all’industrial automation ed al settore industriale in senso stretto (prodotti e servizi industriali). Mentre, le aziende target di queste operazioni societarie sono attive nell’industrial automation, computer software/hardware/services, e-commerce e telecomunicazioni.

Dallo studio, condotto sui deal a livello globale, che ha coinvolto imprese industriali e target digitali, emerge un mondo digital in rapida ascesa, che rapisce l’attenzione soprattutto del Nord America e dell’Europa, che hanno visto aver luogo sul proprio territorio il 75% delle transazioni analizzate dallo studio per il 2018.

In particolare, nel 2018 i cosiddetti “bidder industriali puri” hanno investito per il 49% dei casi nell’industrial automation e nel computer software per il 38%. Nello stesso anno, il Nord America e l’Europa risultano essere le aree geografiche che hanno registrato una maggiore digitalizzazione, con il 37% del deal nel computer software ed il 40% nell’industrial automation.

Più in generale, in questo periodo, le acquisizioni sono più che raddoppiate, passando da 50 transazioni nel 2014 a 108 nel 2018, con i settori dei servizi industriali e dell’automotive tra quelli che più di tutti hanno investito nella digitalizzazione dei propri processi produttivi.

Le sfide della trasformazione digitale, per quanto riguarda il computer software, sono focalizzate sui sistemi di monitoring da remoto/ tempo reale (25% dei deal), sulla gestione integrata di data analytics e sensori di movimento/sicurezza, cosiddetti business & security management (25%), e sui sistemi di fleet management (13%), applicati sia ai mezzi di trasporto (si pensi alla geolocalizzazione, alla diagnostica dello stato dei veicoli in tempo reale), sia all’urban mobility.

Stringendo il campo sull’Italia, due i punti che emergono su cui riflettere: nel 2018, circa l’11% dei deal in Europa coinvolge bidder italiani, di cui il 25% sono player del settore automotive e il 75% sono player industriali puri; i deal italiani hanno riguardato principalmente target dal mondo dell’industrial automation (75% dei deal italiani) e dei computer software (25%) con un’equa distribuzione di deal domestici (50%) e cross-border (50%).

Redazione