Per l’osservatore occasionale, la pratica del business coaching può sembrare poco più di una banale conversazione.

Anzi, a ben guardare, può sembrare una conversazione “anomala”, dove una parte fa domande, pone dubbi, stimola riflessioni, e l’altra focalizza e risponde.

In realtà, ci sono in gioco i criteri relazionali che condizioneranno i comportamenti del leader, non solo con i propri colleghi, collaboratori e capi, ma anche con fornitori, clienti, istituzioni, sindacati, banche, azionisti e così via.

Tutto ciò definisce il valore competitivo del leader, sia esso manager o imprenditore e, quindi, dell’organizzazione nella quale lavora.

Il business coaching produce effetti che non influenzano solo le abilità e competenze che il leader può spendere nel presente e nel suo attuale territorio (“qui e oggi”), ma anche su quelle che spenderà nel futuro e ovunque nel mondo. E tutto ciò non vale solo per l’ambito lavorativo, ma anche per quello sociale, personale e familiare.

C’è un mondo oltre il confine del “posto di lavoro”, che ha bisogno di essere riconosciuto, anche se non esplorato, durante il processo di business coaching. Ma non è tutto, un leader, per definizione, è parte di un team, anzi, spesso di più d’uno, e le dinamiche di squadra sono fluide e mutevoli.

Accanto a team che rimangono stabili, ci possono essere team nei quali le persone ruotano velocemente e non è facile mantenere una visione coerente e un’efficacia operativa stabile.

L’organizzazione stessa è spesso in uno stato di riformulazione della propria identità, missione e struttura.

Credo che l’osservatore superficiale, a questo punto, cominci a comprendere la vitale importanza di quell’apparente “semplice” dialogo tra il coach e il leader. Anzi, comincia a scorgere aspetti che, inizialmente, non aveva colto.

Per esempio, la conversazione è tutt’altro che semplice, ci sono incertezze, turbolenze, scossoni, ma anche straordinari successi.

In particolare, il business coaching è pensato per produrre effetti positivi che si realizzino e persistano nel tempo.

La sfida più ardua per il coach è coinvolgere il leader in un dialogo che sia sempre più focalizzato sugli obiettivi emergenti, ovvero sul futuro, e non sul passato.

La chimica tra coach e leader è determinante perché il dialogo decolli.

È necessario stabilire rapidamente un rapporto di fiducia e credibilità.

La buona capacità di ascolto da parte del coach, insieme alla capacità di fornire un feedback onesto, sono elementi fondamentali per mantenere il dialogo radicato nella realtà.

La forza di un processo di business coaching risiede nella capacità del coach di mettere in discussione le certezze non comprovate del leader.

Il coaching è un processo d’interazione con la realtà, che parte dalla concettualizzazione e arriva alla realizzazione.

Attraverso un’analisi della situazione reale, si procede ad una pianificazione dettagliata delle azioni e del relativo follow-through nell’ambiente di lavoro.

Insomma, il punto finale di una conversazione di coaching implica, invariabilmente, una pianificazione esecutiva, per mettere in atto un nuovo comportamento.

In questa fase, dopo che il dialogo è terminato, il coach incoraggia il leader a seguire ed eseguire il piano.

In un certo senso, il coach agisce sia come memoria, sia come coscienza.

Chissà se, dopo questa breve descrizione, l’osservatore esterno definirà ancora il business coaching una banale conversazione.

Giuseppe Andò

Giuseppe Andò

C-level, Executive, Team & Career Coach. Associate Coach Marshall Goldsmith Stakeholder Centered Coaching. Member of Board EMCC Italia (European Mentoring & Coaching Council).