Il Coronavirus sta mettendo in difficoltà un numero importantissimo di aziende, sotto i più diversi punti di vista. Molte realtà hanno dovuto sospendere del tutto l’attività e la produzione, e altre sono passate al regime di smart working, senza magari aver sperimentato in precedenza questo metodo di lavoro, con tutte le difficoltà conseguenti.

In che modo è possibile limitare i danni, in vista della fine dell’emergenza Covid-19?

«È necessario prima di tutto capire che questa situazione è nuova e difficoltosa per tutti gli attori coinvolti, dai clienti agli stessi dipendenti, e che dunque le aziende devono agire in entrambe le direzioni per portare avanti l’attività nel modo migliore possibile» spiega Carola Adami, co-founder e CEO di Adami&Associati, specificando che «in questo momento le competenze più importanti per gestire la crisi in corso a livello aziendale sono quelle relative alla comunicazione, sia interna che esterna».

Si pensi al cambiamento che hanno vissuto i lavoratori delle aziende che offrono servizi, e che dunque, nella maggior parte dei casi, si sono attivati in termini di smart working, lavorando da casa. Indubbiamente oggi le aziende e i gli stessi dipendenti possiedono degli strumenti tecnologici di base che permettono lo svolgimento del lavoro in modalità agile, ma questa non è certo una giustificazione per trascurare lo stress e le difficoltà che questa trasformazione porta con sé.

«Indubbiamente le aziende che al proprio interno contano degli addetti alle risorse umane esperti e capaci possono affrontare questo periodo in modo più efficace, mantenendo vivo e bidirezionale il rapporto con i dipendenti: per superare indenni questo momento» afferma Adami «è d’obbligo eliminare virtualmente la distanza tra aziende e dipendenti, con una comunicazione chiara, continua e puntuale, volta ad avvicinare i collaboratori e a identificare tempestivamente le inevitabili criticità».

I singoli manager e responsabili HR devono dunque collaborare per fare spazio alla «condivisione di una cultura positiva, di modo che il team risponda a questa emergenza in modo compatto, con un rinnovato gioco di squadra, seppure a distanza» conclude Adami.

Per affrontare questa emergenza, però, non basta mantenere viva la comunicazione interna all’azienda. È necessario rafforzare gli sforzi anche verso l’esterno, consolidando ulteriormente il rapporto con il pubblico e con i clienti, per ridurre al massimo l’impatto negativo di questa situazione drammatica, a livello nazionale e internazionale.

«In queste settimane si sono viste aziende che, sul lato della comunicazione verso il pubblico e del marketing, hanno affrontato l’emergenza nei modi più disparati, spesso con una grande efficacia» spiega Adami «e in alcuni casi si potrebbe persino parlare di aziende che, affrontando questo compito con il giusto grado di empatia e di tempismo, sono perfino riuscite a migliorare la propria reputazione aziendale».

Non stupisce dunque scoprire che, secondo l’head hunter, il secondo range di competenze fondamentali per limitare al massimo i danni in questa situazione di crisi è quello relativo al marketing.

«Oggi più che mai è fondamentale contare all’interno dell’azienda degli addetti al marketing e dei creativi in grado di rafforzare il senso di comunità tra azienda e clienti, già fidelizzati e non, in modo da non veder deteriorare i rapporti durante queste settimane di lockdown» afferma l’head hunter.

Redazione

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