• La discriminazione è ancora molto presente in ambito professionale: quasi la metà (47%) dei lavoratori italiani afferma di aver subito una forma di discriminazione
  • La percezione tra manager e non manager è molto diversa: 72% dei manager vs 41% dei non manager si sentono sicuri sul lavoro. I dipendenti italiani, più dei colleghi europei, si sentono sovraccarichi (44% vs 34%)
  • La maggior parte delle aziende sta adottando iniziative volte all’inclusione, ma solo poche hanno un approccio olistico: se il 70% dichiara di aver implementato misure per l’equità di genere, soltanto il 14% ha attuato iniziative per l’inclusione di persone con disabilità
  • Sebbene il fattore inclusione contribuisca positivamente alle prestazioni complessive dell’azienda e il 61% dei lavoratori sostenga che è un criterio importante per la scelta del nuovo datore, le aziende italiane non ottengono la sufficienza nell’EY European DEI Index posizionandosi al 6° posto con un punteggio pari a 5,63.

La Diversity, Equity and Inclusion (DEI) sta diventando sempre più rilevante nell’agenda delle aziende in tutto il mondo, ma solo il 6% di esse in Italia sta realmente sviluppando una cultura inclusiva sul posto di lavoro. È quanto emerge dall’EY European DEI Index, un’analisi sul tema della diversità e inclusione realizzata da EY in collaborazione con FT-Longitude, raccogliendo l’opinione di 900 manager (dirigenti e C-suite) e 900 dipendenti provenienti da 9 Paesi europei, inclusa l’Italia.

La situazione italiana in termini di Diversity, Equity & Inclusion (DEI) è complessivamente buona: il 44% dei lavoratori intervistati è d’accordo che la propria organizzazione dimostri un approccio consistente alla DEI e il 55% giudica “buono” l’impegno dell’azienda per la creazione di un clima di fiducia e trasparenza. Tuttavia, queste azioni non hanno ancora un approccio strategico e olistico e soltanto 2 dipendenti su 5 dichiarano di poter essere stessi e sentirsi accettati sul lavoro.

Dall’indagine risulta che il 47% dei lavoratori italiani (contro il 36% dei colleghi europei) ha subito episodi di discriminazione sul luogo di lavoro e il 60% di essi (contro il 51% a livello europeo) dichiara di averli segnalati. Sussiste poi un divario tra manager e dipendenti quando si parla di sentirsi sicuri di essere sé stessi sul luogo di lavoro: se il 72% dei manager italiani (+13% rispetto ai manager europei) si sente in grado di essere sé stesso e di sentirsi accettato sul lavoro, la percentuale scende al 41% quando a rispondere sono i dipendenti. Ne consegue che i gruppi sottorappresentati1 in Italia hanno meno probabilità (19%) della media (31%) di sentirsi ascoltati.

Francesca Giraudo, Talent Leader di EY in Italia e Deputy Talent Leader in Europe West, commenta: “L’attenzione di media e investitori sui temi ESG ha contribuito allo sviluppo delle strategie di DE&I ma, sebbene ci siano stati dei progressi negli ultimi anni, c’è ancora molto da fare per portare l’Italia su posizioni competitive per quanto riguarda l’inclusione e la valorizzazione delle diversità. Le aziende italiane scontano soprattutto la mancanza di un approccio olistico al tema: il più delle volte il dibattito sulla DEI si limita esclusivamente al tema dell’equità di genere, che ovviamente è molto importante, ma semplicemente non abbastanza. Inoltre, emerge una differente percezione delle misure implementate e dei risultati ottenuti tra dipendenti e management”.

Nonostante il 61% dei manager italiani (contro il 48% dei manager europei) affermino di non voler lavorare per organizzazioni inefficaci in termini di DEI, l’Italia risulta in ritardo rispetto alla media europea nell’applicazione dei principi di diversity, equity e inclusion in fase di selezione e colloquio: soltanto il 20% dei manager italiani (contro il 33%) ha erogato formazione sul tema ai responsabili del recruiting e soltanto il 23% (contro il 33% in Europa) ha adattato format di colloquio che soddisfino le esigenze dei candidati con disabilità.

Aumenta l’attenzione all’equità di genere, ma le altre diversità restano indietro 

Fra le azioni messe in campo dalle aziende spiccano quelle dedicate a contrastare la disparità di genere e la diversità culturale (rispettivamente 70% e 40% del campione), mentre salta all’occhio che solo il 29% ha adottato misure per l’inclusione LGBTQAI+, il 23% per colmare le disuguaglianze socioeconomiche e il 14% per l’inclusione delle persone con disabilità. Addirittura, per il 35% degli intervistati l’inclusione della disabilità non è proprio inclusa nella propria strategia DE&I.

Dati che si riflettono anche nella percezione che i lavoratori hanno delle proprie aziende: se il 57% degli italiani ritiene che la propria organizzazione abbia un buon livello di diversità etnica e culturale (in linea con la media europea), il 48% e il 44% valutano scarso rispettivamente il livello di diversità socioeconomica e l’inclusione delle persone con disabilità.

L’Italia è ancora indietro rispetto agli altri paesi europei per quanto riguarda le strategie di diversity. Sicuramente per una questione di tempo, le attività di sensibilizzazione qui sono iniziate da poco, ma sono convinto che senza una vera trasformazione della cultura aziendale sia impossibile ottenere davvero dei progressi concreti. Lo conferma la survey con il 22% dei manager che lo identificano proprio come principale ostacolo al miglioramento. Per questo in EY abbiamo iniziato proprio da questo aspetto, avviando lo scorso anno una campagna volta a promuovere una nuova cultura che veda al centro la leadership, chiave per concretizzare azioni inclusive, il wellbeing, ancora troppo poco presente visto che quasi la metà dei dipendenti in questa survey dichiara di sentirsi sovraccarico, e naturalmente la performance, per rendere il cambiamento più concreto e tracciabile” commenta Massimo Antonelli, CEO di Ey Italia e COO di EY Europe West.

I manager italiani (22%) affermano che il principale ostacolo al miglioramento del DEI è legato a resistenze culturali interne, ma una percentuale pari afferma che non esistono ostacoli al miglioramento del DEI. E sebbene i vincoli di bilancio siano indicati quale ostacolo soltanto dal 19% dei manager italiani (contro il 26% dei manager EU) l’Italia è tra i Paesi con la spesa più bassa per quanto riguarda il DEI, con 3,99 milioni di euro contro i 5,75 della Spagna (in testa per spesa media annua per il DEI).

È questa una delle ragioni per le quali l’Italia si posiziona in sesta posizione (con un punteggio pari a 5,63) tra i paesi presi in esame, secondo l’EY European DEI Index, che misura il successo delle organizzazioni nel perseguire i propri obiettivi DEI. Solo un piccolo gruppo di organizzazioni italiane, il 6%, sembra essere più efficiente; i dipendenti che lavorano per queste aziende riportano maggiori livelli di produttività e senso di appartenenza.

Scarica qui il report EY European DEI Index: https://www.ey.com/it_it/forms-it_it/ey-european-dei-index-report

1) I gruppi sottorappresentati includono dipendenti che si identificano con uno o più dei seguenti aspetti: minoranza etnica o culturale; LGBTQAI+; appartenenza ad una categoria socioeconomica inferiore; persone con una disabilità.

Redazione

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