In un momento in cui l’attualità, gli studi e il dibattito pubblico richiamano con forza la necessità di maggiore parità tra i generi ed equità nel mondo del lavoro e nella società, sono molte le aziende italiane in prima linea nel promuovere un cambiamento culturale. E non si tratta solo di grandi realtà, tendenzialmente dotate di maggiori risorse e “capacità di visione”, ma anche di piccole e medie imprese.
Un’evidenza viene dal rapporto tra genitorialità e lavoro: come emerge infatti da un’indagine di Fondazione Gi Group e Gi Group Holding in collaborazione con Valore D, una PMI su quattro (23,8%) in Italia ha avviato percorsi di formazione per conoscere e superare gli stereotipi di genere che ancora oggi penalizzano le donne, e le pongono davanti al bivio tra maternità e occupazione, e la stessa soluzione è intrapresa dal 35,6% delle grandi aziende.
Un’altra area di impegno di molte organizzazioni è lo sviluppo – in ottica di maggior flessibilità – di una cultura aziendale focalizzata sugli obiettivi più che sul tempo speso in presenza, una sensibilità che, nonostante attualmente coinvolga una quota maggiore di aziende di grandi dimensioni (37%), verrà fatta propria anche dal 40,7% delle PMI in futuro.
Le sfide della maternità
Se la maternità è considerata un valore dalla maggioranza delle aziende, non mancano alcune sfide legate alla sua gestione.
Mentre le PMI indicano come principale fattore di complessità la redistribuzione del lavoro tra i colleghi (46,7%), per le grandi aziende al primo posto c’è invece l’incertezza sui tempi e le modalità del rientro (41,1%). Altre sfide sono rappresentate dai costi della sostituzione, indicati dal 29,5% e 21,9% rispettivamente dei due cluster, e dalla temporanea perdita di contatto con la realtà aziendale, citata dal 25,1% delle PMI e dal 30,1% delle grandi aziende.
Sostituire o redistribuire?
Ma come gestiscono quindi le imprese l’assenza della loro risorsa? Pur nella specificità di ogni caso, dall’analisi sembra emergere una correlazione tra la soluzione adottata e il ruolo: se la sostituzione è la misura prevalente (56,9% e 69,9%) nel caso dei profili di operaia, questa tende poi a ridursi con le impiegate (51,2% e 67,1%), per diventare minoritaria per i quadri (39,2%; 42,5%) e dirigenti (36,8%; 32,9%), dove la soluzione più utilizzata è invece la distribuzione del lavoro tra i colleghi.
5 leve per aziende a misura di madri e di padri
Se strumenti come congedi, flessibilità oraria, smartworking e servizi – a cominciare dagli asili nido aziendali e dalle convenzioni con strutture sul territorio – giocano un ruolo fondamentale nel favorire un rapporto virtuoso, e di non reciproca esclusione, tra genitorialità e lavoro, ci sono anche altre leve che le aziende del nostro Paese possono avviare – e in molti casi hanno già avviato – per contribuire ulteriormente al cambiamento.
1. Comunicare policy, servizi e diritti
Informare e comunicare chiaramente ai dipendenti le opportunità a loro disposizione per il supporto alla genitorialità facilita la conoscenza e l’accesso a questi strumenti. Le best practice non mancano: il 42,6% delle PMI e il 50,7% delle grandi aziende comunica infatti proattivamente policy, strumenti e servizi per la genitorialità, e quote non dissimili (35% PMI, 41,1% grandi) hanno avviato iniziative di informazione sui diritti connessi alla genitorialità, per aumentare il livello di consapevolezza.
2. Coinvolgere i dipendenti
Coinvolgere collaboratori e collaboratrici nella definizione delle modalità di lavoro e organizzare incontri dipendente-responsabile, prima e al rientro dal congedo, aiuta a condividere aspettative e carichi. Lo fanno il 44,7% PMI e il 53,4% delle grandi.
3. Supportare il rientro
Anche il rientro al lavoro può essere un periodo delicato. Un’azienda su tre (35,3% PMI, 37% grandi) dedica impegno nel sensibilizzare colleghi e responsabili per supportare le madri nel loro percorso una volta concluso il periodo di congedo.
4. Leadership inclusiva
Una nuova visione della genitorialità non può prescindere da una leadership consapevole. Per favorire questo cambiamento, il 30,3% delle PMI e il 34,3% delle grandi aziende prevede quote di genere nelle posizioni manageriali, per rafforzare ulteriormente il valore della parità.
5. Welfare aziendale
Anche il welfare aziendale può giocare un ruolo di rilievo nel sostegno alla genitorialità. Tra le m-diverse misure, un ruolo è quello dei servizi di supporto psicologico, presenti nel 32,9% delle grandi imprese e nel 17% delle PMI. Di queste ultime, un ulteriore 38,1% prevede la loro attivazione per il futuro.
“Se oggi nel nostro Paese la genitorialità, e in particolare la maternità, continua a rappresentare un fattore penalizzante, questo è dovuto anche, e soprattutto, a una cultura fortemente stereotipata che incide sulle persone, sul mercato del lavoro e sulla società” – afferma Chiara Violini, Presidente di Fondazione Gi Group – “Riteniamo quindi estremamente positivo il fatto che numerose aziende scelgano di farsi promotrici di un cambiamento culturale. Tuttavia, questo impegno da solo non basta: per rendere davvero conciliabili occupazione femminile e natalità sono necessarie politiche centrali a favore della famiglia, di welfare e di occupazione che sostengano l’employability delle donne e possano fare della decisione di avere figli una scelta davvero reale e libera. Come Fondazione, siamo impegnati nello studio di questi fenomeni e nella realizzazione di progetti e sinergie per la costruzione di un mercato del Lavoro davvero Sostenibile.”